Si è conclusa alla vigilia di Pasqua 2017 lo show “Gang of Magic” al teatro Vittoria di Roma. Nata dall’intuizione di Paolo Jacobazzi, la Gang è stato per diversi anni un teatro stabile di prestigiatori e giovani maghi romani che hanno deciso un bel giorno di creare uno show unico e di portarlo alla visione del grande pubblico partendo da Roma. Molto originali tutti i numeri ma l’attenzione dello spettatore non esperto di magia è certamente catturata dalle grandi illusioni di Francesco Frattarelli.
Francesco è un prestigiatore di quasi 30 anni, di cui circa 20 dedicati alla magia, assistente di scena del grande Silvan e persona molto capace; ha avuto modo di affinare nel tempo la sua arte magica che unita alla sua curiosità e alla voglia di sperimentare attrazioni sempre più uniche, lo ha portato alla sfida del Vittoria. La prima cosa che lo spettatore nota è che le sue grandi illusioni non sembrano “illusioni”, ma pericolose situazioni reali.
Nella progettazione delle macchine per i suoi numeri infatti Francesco Frattarelli non ha voluto inserire sistemi di sicurezza per non lasciare spazio a dubbi: quello che si vede sul palco non ha trucchi ed il pericolo che lui corre durante l’esibizione è davvero reale.
La prima grande illusione è l‘apnea: la testa di Francesco in una scatola di plexiglas trasparente piena d’acqua unita alla soluzione di un cubo di Rubik. “Da circa un anno lavoro questo numero con preparazione fisica e lezioni di apnea; sono arrivato a una resistenza di oltre 3 minuti, anche se il numero ovviamente ne richiede di meno, ma mi tengo un tempo più lungo in caso di emergenza” dice Frattarelli. “Il trucco non c’è perché se si passa un anno intero tutti i giorni a cercare di risolvere il cubo magico, chiunque riuscirebbe: ma la difficoltà sta nell’aggiungere alla tensione del cronometro anche quella della visibilità sfocata (testa nell’acqua ndr) e dell’impossibilità di respirare”. Se a questo si aggiunge la resistenza che fa la testa nell’uscire dalla vasca/casco da un’angusta fessura il numero è completo e la suspance c’è e si vede pure. E si sente anche dal boato del pubblico quando una cascata d’acqua accompagna il sospiro di Francesco che torna a respirare aria pura (foto in basso).
L’altro numero senza trucco è una performance di escapologia. Senza scomodare il grande Houdini possiamo dire che questo numero è davvero il top: un uomo intrappolato in una camicia di forza, le cerniere legate da un ignaro spettatore, appeso a testa in giù ad una struttura alla cui estremità girano due enormi lame circolari taglienti in acciaio che stanno per chiudersi, il tutto sospeso a sei metri di altezza. “Per questo numero ho dovuto affrontare un enorme sforzo fisico, -ci racconta Frattarelli – l’allenamento specifico riguarda le reazioni del cervello quando per diversi minuti si rimane con la testa verso il basso appeso per i piedi: la circolazione si modifica ed il cervello in stato di emergenza inverte i comandi, scambia la destra con la sinistra, la respirazione si fa più faticosa e il controllo dei riflessi e degli sforzi è quasi impossibile. Per questo una sera durante l’esibizione mentre mi liberavo dalla camicia di forza non sono riuscito a tirare via il braccio e mi sono leggermente ferito urtando contro la lama destra” (ci mostra una evidente “sbucciatura” sull’avambraccio – ndr).
E già perché a differenza della magia tradizionale qui invece il trucco non c’è e si vede: le lame girano, lui è appeso per i piedi con la testa verso il pavimento senza fune di sicurezza e senza imbottiture per attutire il colpo di un’accidentale caduta; la struttura sale e solo una volta che è rimasto appeso a dondolare (tra salire e partire sono già passati 40 secondi) inizia a liberarsi dalla camicia di forza. Il resto lo lasciamo alla visione del numero, per non svelare nulla nella descrizione di qualcosa che va solo visto. Nell’incognita di dove sarà un trucco che non c’è, in un mondo come il nostro che inizia a truccare anche il reale per farlo sembrare migliore, semplicemente peggiorandolo. Ma qui il rischio è alto, la tensione di quelli seduti in platea è palpabile, pochi minuti e tutto finisce ma quei minuti non passano mai. Poi il boato e l’applauso con l’interrogativo dello spettatore comune che fino a casa non se lo riesce a spiegare: ma chi glielo fa fare?